Come e perché diventare Società Benefit?
Le società benefit rappresentano un nuovo approccio al business: al raggiungimento dei profitti si aggiungono benefici di carattere sociale ed ambientale, che coinvolgono gli stakeholder interni ed esterni all’azienda. Un’efficace attività di stakeholder engagement contribuisce al successo dell’impresa, in quanto azienda e stakeholder si influenzano a vicenda. Cosa sono le società benefit? Perché sempre più aziende diventano società benefit? Scopriamolo insieme. Società benefit: cosa sono? Le società benefit in Italia: dettagli normativi e statistiche Come diventare società benefit Perché diventare una società benefit Società benefit vantaggi: quali sono Gli obblighi della società benefit Società benefit: cosa indicare nella relazione di impatto Vuoi essere un’azienda competitiva e sostenibile? Mettiti in contatto con noi Società benefit: cosa sono? Le società benefit (o benefit corporation) sono una forma giuridica d’impresa legalmente riconosciuta in Italia dal 2016, a seguito della legge del 28 dicembre 2015 n. 208. L’Italia è stato il secondo Paese al mondo, dopo gli Stati Uniti, ad introdurre le società benefit nel proprio ordinamento. Lo scopo delle società benefit è produrre un impatto positivo su tutti gli stakeholder, sulla società e sull’ambiente. Le benefit corporation, difatti, presentano una duplice finalità: scopo di lucro: derivante dall’esercizio dell’attività d’impresa; beneficio comune volontario: riguardante l’aspetto sociale, la sostenibilità ambientale e la trasparenza. Le società benefit oltre ad avere uno scopo di lucro, devono perseguire uno o più scopi che contribuiscono alla prosperità ambientale e sociale a lungo termine; devono rendere trasparente ciò che fanno, ma soprattutto il modo in cui lo fanno. Le società benefit in Italia: dettagli normativi e statistiche In Italia la normativa inerente alle società benefit è disciplinata dalla Legge di Stabilità, ovvero la Legge n. 208 del 2015. È la stessa disciplina giuridica a stabilire il fulcro dell’attività delle società benefit, ossia il conseguimento di obiettivi sociali ed ambientali. Secondo un report redatto dall’Osservatorio Italiano sulle Società Benefit, i dati aggiornati al 31 dicembre 2022 indicano che le società benefit in Italia sono oltre 2.600, con un aumento registrato del 55% rispetto al 2021 (oltre il 300% in più rispetto al 2020). Dall’analisi dell’Osservatorio risulta che molte di queste società benefit sono aziende di grandi dimensioni, con un numero di dipendenti che ammonta ad un totale di 140.000. I settori più rappresentati sono: il terziario, con oltre il 45% delle società che operano in attività professionali, scientifiche e tecniche o nel campo dell’informazione e della comunicazione, principalmente nell’ambito della direzione aziendale o della consulenza gestionale, nonché nella produzione di software e consulenza informatica. Il secondo settore maggiormente rappresentato è quello delle attività manifatturiere, soprattutto le industrie alimentari e chimiche. Quello delle società benefit rappresenta un modo di fare impresa che tenderà ad espandersi sempre di più nel corso degli anni, come dimostrato dalla crescita esponenziale del numero di società benefit nate dal 2020 in poi. Come diventare società benefit Tutti i tipi societari previsti dal codice civile, che perseguono scopi di lucro, possono utilizzare un modello di società benefit, modificando il proprio statuto, inserendo i seguenti dati nell’oggetto sociale: scopi di beneficio comune generale: responsabilità, sostenibilità e trasparenza nei confronti degli stakeholder; scopi di beneficio comune specifico: modalità con cui la società benefit si impegna a creare il beneficio comune. Pur non essendo previsto un espresso divieto normativo, non sussiste una coerenza logica tra il modello di società benefit, che coniuga lo scopo di lucro con la finalità di beneficio comune, e quello relativo alle cooperative, le quali sono società esclusivamente no profit. L’obbligo di indicare il beneficio comune che la società intende perseguire è fondamentale per i manager e i dirigenti, affinché con i loro interventi non incorrano in azioni di responsabilità. Perché diventare una società benefit Diventare una società benefit vuol dire raggiungere un beneficio comune e generare profitti per gli azionisti. Per beneficio comune si intende un impatto tangibile sulla società e sull’ambiente, ad esempio mediante: la fornitura di beni o servizi per i cittadini a basso reddito o per le comunità svantaggiate; la protezione dell’ambiente; il miglioramento della salute umana; la promozione dell’arte, della scienza e della conoscenza; l’aumento dei flussi di capitale verso soggetti che creano un beneficio comune (investimenti ad impatto). Società benefit vantaggi: quali sono La modifica del proprio statuto al fine di diventare una società benefit o la costituzione di una nuova società benefit porta diversi vantaggi: capacità di attrarre investimenti a impatto sociale (Impact Investment); maggiore reputazione, come impresa che opera in modo responsabile; conquista di giovani talenti, sempre più interessati a lavorare in imprese socialmente responsabili; ingresso in una rete di imprese che condividono gli stessi valori e sviluppano nuovi mercati; partecipazione ad un business innovativo in grado di dare maggiore valore alla società e all’ambiente; accedere a vantaggi fiscali, come il credito d’imposta per le società benefit, un’agevolazione fiscale del 2022 che era stata prevista per sostenere le spese di costituzione e trasformazione e che potrebbe essere nuovamente prevista. La società benefit può introdurre le parole Società Benefit o l’abbreviazione SB accanto alla propria denominazione sociale. Presentarsi sul mercato come società benefit attira l’interesse di fornitori, clienti ed investitori, sempre più attenti alle scelte sostenibili. Gli obblighi della società benefit La società benefit deve indicare le finalità di beneficio comune nell’oggetto sociale. Ogni società benefit deve nominare un responsabile d’impatto, il cui compito è assicurare che la società persegua lo scopo dichiarato di beneficio comune. La società benefit deve presentare un rapporto annuale – relazione di impatto o valutazione di impatto – redatto secondo uno standard che sia esauriente, trasparente, credibile e sviluppato da un ente non controllato o collegato alla società benefit. Lo standard maggiormente utilizzato è il B Impact Assessment (BIA) rilasciato da B Lab, organizzazione no profit, che agisce nel rispetto dei principi di indipendenza e trasparenza. Il BIA permette di misurare gli impatti ambientali e sociali generati dall’azienda, mediante un questionario. >I requisiti di trasparenza e veridicità
Preservare il patrimonio culturale: il contributo di Tecno al Convegno Nazionale FAI
Il XXVIII Convegno Nazionale FAI (Fondo Ambiente Italiano) ha rappresentato un’occasione senza pari per approfondire la visione e la gestione dei beni culturali. Un evento che anche quest’anno conta sul supporto del nostro Gruppo, in qualità di sponsor ufficiale. La partecipazione di autorevoli ospiti e l’esperienza diretta della Fondazione FAI hanno reso questo evento un momento significativo per riflettere sull’importanza di conoscere e preservare la ricchezza culturale del nostro paese. Il tema dell’incontro, “Curiamo il patrimonio, raccontandolo”, riflette in modo eloquente l’impegno della Fondazione FAI nel promuovere la valorizzazione dei nostri tesori artistici, artigianali e culturali. È un invito a riconoscere l’importanza di preservare e raccontare la storia che essi rappresentano. Abbiamo scelto di sostenere appieno questo spirito di conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale, perché sono temi che insieme al sostegno alle bellezze artistiche, artigiane e culturali del territorio sono parte integrante del nostro DNA aziendale. Dalla valorizzazione del patrimonio culturale alla Responsabilità Sociale d’Impresa Il concetto di Responsabilità Sociale d’Impresa (CSR) si sposa perfettamente con la missione della Fondazione FAI. È una risposta concreta e tangibile alla necessità di coinvolgere attivamente le imprese nella protezione e promozione del nostro patrimonio culturale. Eventi come questo dimostrano come il settore privato possa e debba svolgere un ruolo significativo nel garantire la continuità e la vitalità delle nostre ricchezze artistiche. La sostenibilità non riguarda solo le pratiche produttive, ma anche l’attenzione e il rispetto verso un’eredità culturale che è necessario tutelare e tramandare alle generazioni future; un modo di guardare al futuro nuovo, volto a valutare l’impatto delle aziende non più esclusivamente dal punto di vista economico e ambientale, ma anche sociale. La Responsabilità Sociale del Gruppo Tecno Siamo entusiasti di aver preso parte al XXVIII Convegno Nazionale FAI, perché per noi ha rappresentato un ulteriore passo verso la promozione di un approccio consapevole alla gestione del patrimonio artistico-culturale. Siamo da tempo impegnati in attività di promozione sociale, attraverso la sponsorizzazione, il finanziamento di mostre ed opere di restauro, ma anche mediante l’organizzazione di eventi a scopo divulgativo per infondere il valore che le azioni a carattere socio-culturale hanno sul territorio e sulle persone coinvolte. Agire in questo senso si traduce per il nostro Gruppo nella possibilità concreta di favorire lo sviluppo del patrimonio artistico nazionale, ma anche di assecondare e soddisfare l’esigenza di curare e tutelare la nostra identità culturale. Da sempre attenti alle nostre radici. Una responsabilità sociale che continueremo a mettere in pratica.
Transizione energetica: cos’è e perché è utile?
La transizione energetica rappresenta un processo fondamentale attraverso il quale le società si stanno gradualmente spostando da fonti di energia convenzionali, come il carbone e il petrolio, verso fonti più sostenibili e a basse emissioni di carbonio, come le energie rinnovabili e le strategie di efficienza energetica. Questa transizione è guidata principalmente dalla necessità di affrontare le sfide legate al cambiamento climatico, alla sicurezza energetica e alla salute pubblica, nonché dalla ricerca di nuove opportunità economiche e di sviluppo tecnologico. In linea con gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra del 55% entro il 2030, il cd. programma europeo Fit for 55, la transizione energetica coinvolge un’ampia gamma di settori, tra cui energia, trasporti, industria e edilizia, e richiede il coinvolgimento e il coordinamento di governi, aziende, istituzioni accademiche e la società civile. In questo contenuto approfondiremo in cosa consiste la transizione energetica e quali sono i vantaggi concreti che può apportare nella costruzione di un futuro d’impresa sostenibile. I vantaggi della transizione energetica La transizione energetica offre una serie di vantaggi sia a livello ambientale che socioeconomico. Di seguito sono elencati alcuni dei principali: Riduzione delle emissioni di gas serra: la transizione verso fonti energetiche a basse emissioni di carbonio, come le energie rinnovabili, contribuisce a ridurre le emissioni di gas serra responsabili del cambiamento climatico; Miglioramento della qualità dell’aria: l’adozione di energie pulite riduce l’inquinamento atmosferico associato al consumo di combustibili fossili, migliorando la qualità dell’aria e riducendo i rischi per la salute umana; Diversificazione e sicurezza energetica: la diversificazione delle fonti energetiche riduce la dipendenza da combustibili fossili importati, migliorando la sicurezza energetica e riducendo la vulnerabilità agli shock dei prezzi e delle forniture; Creazione di posti di lavoro e crescita economica: la transizione energetica promuove la creazione di nuovi settori e industrie, come l’energia solare, eolica e delle tecnologie pulite, generando opportunità di lavoro e stimolando la crescita economica; Risparmio energetico ed efficienza: gli sforzi per migliorare l’efficienza energetica negli edifici, nei trasporti e nell’industria non solo riducono i costi energetici, ma contribuiscono anche a ridurre la domanda complessiva di energia; Innovazione tecnologica: la transizione energetica stimola l’innovazione tecnologica, portando a sviluppi più rapidi e a costi più bassi per le tecnologie rinnovabili, lo stoccaggio dell’energia e altre soluzioni energetiche avanzate; Miglioramento della resilienza: l’adozione di fonti energetiche decentralizzate e distribuite, come l’energia solare ed eolica, può migliorare la resilienza del sistema energetico, riducendo il rischio di interruzioni di servizio causate da eventi estremi o catastrofi naturali; Promozione della giustizia sociale: una transizione energetica equa e inclusiva tiene conto delle esigenze delle comunità più vulnerabili, garantendo che abbiano accesso all’energia pulita, a tariffe accessibili e ad opportunità economiche correlate. Quello della transizione energetica è un obiettivo ambizioso, ma che produce i suoi effetti su molteplici ambiti, da quello più strettamente economico a quello sociale, migliorando l’efficienza e l’impatto ambientale delle attività aziendali. Il mercato della transizione energetica Il mercato della transizione energetica rappresenta un segmento che attrae sempre più investitori, nonché, vista la funzione di pubblica utilità svolta dall’impiego di energie rinnovabili, l’interesse di istituzioni nazionali ed internazionali. Gli investimenti in progetti di transizione energetica sono sempre più numerosi: soltanto lo scorso anno il mercato è arrivato a valere 1.770 miliardi di dollari, con un aumento del 17% rispetto all’anno precedente. Ad evidenziare questi dati è il rapporto Energy Transition Investment Trends del 2024, pubblicato dalla piattaforma BloombergNEF. Complessivamente, settori come le energie rinnovabili, la mobilità elettrica, l’uso dell’idrogeno e le tecnologie di cattura del carbonio continuano a essere i principali motori della crescita degli investimenti nella transizione energetica. Nel 2023 gli investimenti in veicoli passeggeri e commerciali e nelle relative infrastrutture hanno raggiunto un totale di 634 miliardi di dollari, registrando un aumento del 36% rispetto al 2022. Gli investimenti in energie rinnovabili hanno registrato un aumento annuale dell’8%, raggiungendo un totale di 623 miliardi di dollari. La crescita è stata trainata soprattutto dagli Stati Uniti e dall’Europa. Il rapporto ha anche evidenziato una forte crescita in fonti energetiche e settori come l’idrogeno (con investimenti triplicati rispetto all’anno precedente), la cattura e lo stoccaggio del carbonio (quasi raddoppiati) e lo stoccaggio dell’energia (in crescita del 76%). Consulenza transizione energetica: accogliamo insieme un futuro sostenibile Transizione energetica ed efficienza energetica rappresentano due ambiti in cui è possibile intraprendere una serie di strategie che consentono un risparmio di risorse attuali, l’investimento in progetti tecnologici che sfruttano l’esistenza di nuove fonti di energia e il raggiungimento degli obiettivi di neutralità carbonica previsti a livello istituzionale. La transizione energetica e l’efficienza energetica sono entrambe fondamentali per creare un sistema energetico più sostenibile e resiliente. In Tecno supportiamo, con l’impiego di soluzioni all’avanguardia, aziende ed imprenditori nell’elaborazione di strategie di energy management volte ad evitare sprechi e a ridurre l’impatto ambientale delle attività. Costruiamo insieme un percorso di efficienza energetica. Elabora con noi la tua strategia di energy management.
Green Claim directive: contro il greenwashing e il greenhushing
Il 12 marzo 2024 il Parlamento europeo ha espresso il suo voto favorevole alla direttiva Green Claim, con 467 voti favorevoli e soli 65 contrari, già approvata dalla Commissione europea. La direttiva Green Claim rappresenta la risposta istituzionale al fenomeno del greenwashing e della pubblicità ingannevole sul tema della sostenibilità. Una direttiva che nasce allo scopo di tutelare consumatori e utenti finali da false dichiarazioni ed etichette generiche o fuorvianti circa le qualità sostenibili di prodotti e servizi, che richiede trasparenza riguardo alle metodologie utilizzate per valutare l’impatto ambientale e prevede sanzioni per le violazioni delle prescrizioni in essa contenute. Il quadro normativo introdotto dalla direttiva “Green Claim” non solo protegge i consumatori da informazioni fuorvianti, ma promuove anche una concorrenza equa tra le imprese, incoraggiando l’adozione di pratiche sostenibili a tutti i livelli della catena di approvvigionamento. In questo contenuto approfondiremo i principi sui quali si fonda la direttiva Green Claim e a quali tipi di condotte di greenwashing fa riferimento. Che cosa si intende per “Green Claim”? La direttiva Green Claim è parte di una serie di iniziative legislative volte da un lato a tutelare i consumatori e responsabilizzarli rispetto alle abitudini di acquisto e, dall’altro, ad indurre le imprese a comunicare in maniera trasparente e chiara le informazioni circa le qualità sostenibili di prodotti e servizi. Nei documenti che hanno anticipato la direttiva è presente la definizione di “Green Claim”, ovvero: “un messaggio o una dichiarazione avente carattere non obbligatorio, compresi testi e rappresentazioni figurative, grafiche o simboliche, in qualsiasi forma, tra cui marchi, nomi di marche, nomi di società o nomi di prodotti, che asserisce o induce a ritenere che un dato prodotto o professionista abbia un impatto positivo o nullo sull’ambiente oppure è meno dannoso per l’ambiente rispetto ad altri prodotti o professionisti oppure ha migliorato il proprio impatto nel corso del tempo”. In un comunicato stampa del Parlamento europeo del 19 settembre 2023 è presente un elenco, non esaustivo, dei Green Claim banditi dalla direttiva, ovvero: Affermazioni ambientali generiche, come “ecologico”, “a emissioni zero”, “biodegradabile”, senza il supporto di documenti e certificazioni che possano provarlo; Informazioni circa i meccanismi di compensazione delle emissioni, le quali lasciano intendere l’impatto ambientale neutro o ridotto dei prodotti senza possibilità di fornire una prova di quanto affermato; Etichette di sostenibilità non certificate; Affermazioni circa la durata del ciclo di vita dei prodotti, non verificabili; Informazioni circa la sostituzione, non necessaria, di materiali di consumo. La direttiva Green Claim impone alle imprese di certificare, attraverso enti accreditati e documentazioni che seguono standard internazionali, tutto ciò che viene affermato in ambito sostenibile, con l’onere di rendere accessibili a consumatori e stakeholder questa tipologia di documenti e certificati. Il fenomeno del greenwashing e la differenza con il greenhushing La direttiva Green Claim è stata pensata come uno degli strumenti normativi di contrasto al fenomeno del Greenwashing, sempre più diffuso all’interno delle strategie comunicative di grandi e piccole imprese. Si tratta di un comportamento, volontariamente o involontariamente, fuorviante rispetto alla comunicazione di informazioni circa le qualità sostenibili e a basso impatto ambientale di prodotti e servizi, idoneo a produrre un doppio danno: Ai consumatori e agli stakeholder, perché altera la loro percezione del brand; All’impresa che lo mette in atto, in termini di reputazione aziendale ed affidabilità del marchio. La motivazione per la quale, negli ultimi dieci anni, il fenomeno del greenwashing si è diffuso in modo esponenziale risiede nel tentativo di molte imprese di capitalizzare la domanda sempre più crescente di prodotti e servizi ad impatto ambientale neutro o ridotto, nel tentativo di creare un’immagine del brand, appunto, “dipinta” di verde. Praticare greenwashing comporta una serie di rischi dalla portata non indifferente, ad esempio: Perdita di fiducia da parte dei consumatori, ormai sempre più consapevoli circa l’utilizzo di informazioni fuorvianti in merito alla sostenibilità dei prodotti; Assenza di miglioramento delle strategie sostenibili concretamente adottate dall’impresa, specialmente nel caso in cui la condotta di greenwashing non viene accertata; In ambito finanziario, mancata possibilità di accedere a linee di investimento e finanziamento dedicate ad imprese che adottano iniziative sostenibili. Di fianco al fenomeno del greenwashing è possibile collocare un’altra pratica, che rappresenta una sorta di effetto boomerang della crescente consapevolezza dei consumatori circa le informazioni fuorvianti sulla sostenibilità: il greenhushing. Il greenhushing si verifica quando le imprese, pur di non integrare condotte di greenwashing, anche involontarie, scelgono di non fornire del tutto informazioni circa l’impegno sostenibile intrapreso. Un fenomeno che può avere origine da diverse cause, tra cui l’incertezza sull’efficacia o la certificabilità delle proprie politiche ambientali, oppure la mancanza di coerenza delle azioni sostenibili intraprese rispetto al settore di appartenenza, o, ancora, la scelta di ottenere in maniera poco trasparente un vantaggio competitivo su imprese dello stesso settore. Anche nel greenhushing è possibile intravedere un insieme di condotte dannose all’affidabilità del marchio, alla reputazione di un brand e alla responsabilità sociale dell’impresa che lo mette in atto e non rappresenta affatto una risposta adeguata al rischio di greenwashing. Comunicare la sostenibilità con Tecno La comunicazione della sostenibilità aziendale emerge come un pilastro fondamentale nella lotta contro il greenwashing, fungendo da principale strumento di prevenzione e trasparenza. Questo approccio non solo promuove la credibilità delle imprese, ma facilita anche un dialogo aperto e onesto con i consumatori, i partner commerciali e tutte le parti interessate. La comunicazione efficace della sostenibilità permette alle aziende di educare i propri stakeholder sulle sfide ambientali e sulle azioni intraprese per affrontarle. Attraverso messaggi chiari e informativi, le imprese possono sensibilizzare il pubblico sulle tematiche ambientali e stimolare comportamenti più responsabili, stimolando all’interno del proprio settore di appartenenza l’innovazione e la competitività in termini sostenibili. Trattandosi di argomenti la cui gestione è complessa, elaborare un efficiente piano di comunicazione circa le politiche sostenibili dell’azienda è una soluzione pratica e vantaggiosa, che produce effetti considerevoli anche sul lungo periodo, sensibilizzando da un lato il
Sostenibilità aziendale: significato e valore
Promuovere una cultura sostenibile all’interno delle dinamiche aziendali significa adottare in maniera completa un nuovo modo di fare impresa. È proprio questa la ratio sottesa ai fattori Environmental, Social e Governance: criteri guida per ogni azienda che pone la sostenibilità al centro delle proprie scelte. Si tratta di un approccio innovativo, attento alle esigenze ambientali e sociali, che rende le imprese competitive sul mercato e consapevoli circa l’impatto che il loro operato ha sul mondo. In questo contenuto approfondiamo il concetto di sostenibilità aziendale, con un focus sui percorsi che le aziende intraprendono per misurare e certificare le pratiche ESG messe in atto. Gli ambiti della sostenibilità aziendale: non solo ambiente La sostenibilità aziendale, principio alla base della Responsabilità sociale d’Impresa (RSI) o Corporate Social Responsibility (CSR), si riferisce alla pratica delle aziende di operare in modo economicamente, socialmente ed ecologicamente responsabile. Questo approccio implica che le aziende tengano conto degli impatti delle proprie attività non solo sui profitti, ma anche sull’ambiente e sulla società. Gli elementi chiave della sostenibilità aziendale includono: Dimensione economica: le aziende devono essere economicamente sostenibili nel lungo termine, generando profitti in modo etico e responsabile. Questo può includere pratiche come la gestione prudente delle risorse finanziarie, l’ottimizzazione della catena di approvvigionamento per ridurre i costi e gli investimenti in progetti innovativi; Dimensione sociale: le imprese devono prendere in considerazione l’impatto delle loro attività sulle persone e sulle comunità in cui operano. Ciò include garantire condizioni di lavoro sicure e dignitose, rispettare i diritti umani fondamentali, promuovere la diversità e l’inclusione, e contribuire al benessere delle comunità locali attraverso programmi di responsabilità sociale; Dimensione ambientale: le aziende devono ridurre al minimo l’impatto delle loro attività sull’ambiente, adottando pratiche sostenibili per la gestione delle risorse naturali, la riduzione dell’inquinamento, l’uso efficiente dell’energia e delle materie prime, e la mitigazione dei cambiamenti climatici. Questo può includere anche la ricerca e lo sviluppo di prodotti e processi più ecologici; Governance etica: la buona governance aziendale è un elemento essenziale della sostenibilità aziendale. Ciò implica l’adozione di pratiche di gestione trasparenti, etiche e responsabili, che rispettino normative e regolamenti, e che tengano conto degli interessi di tutti gli stakeholder, inclusi azionisti, dipendenti, clienti, fornitori e comunità. La sostenibilità aziendale nella prospettiva degli investitori La sostenibilità aziendale non riguarda esclusivamente il rispetto della normativa ambientale, né il formale adeguamento delle pratiche aziendali agli standard della disciplina di settore, ma rappresenta un indicatore chiave del valore di un’impresa nel lungo periodo. L’adozione di pratiche d’impresa sostenibili rappresenta un vantaggio competitivo non indifferente all’interno del mercato in cui l’azienda opera, trattandosi di un fattore idoneo ad attrarre consumatori ed investitori sempre più sensibili alle tematiche ESG. Nella prospettiva degli investitori, infatti, affidarsi ad indici come il rating ESG, che misura le prestazioni Environmental, Social e Governance delle imprese, rappresenta un elemento guida nelle scelte di investimento, per via della crescente consapevolezza circa i vantaggi che queste pratiche comportano per le aziende sul lungo periodo. In effetti, l’implementazione in azienda di strategie ESG-oriented genera molteplici e notevoli vantaggi: Riduzione del rischio: le aziende che integrano la sostenibilità nel proprio modello di business tendono ad essere meno esposte ai rischi ambientali, sociali e di governance; Accesso al capitale: le aziende che dimostrano un forte impegno verso la sostenibilità spesso godono di maggiore accesso al capitale. Gli investitori (ma anche le banche e gli enti finanziari) sono più propensi a finanziare progetti e iniziative che promuovono la sostenibilità ambientale e sociale, poiché riconoscono che tali iniziative possono generare valore comune nel lungo termine; Reputazione e brand: la sostenibilità può giocare un ruolo cruciale nella costruzione della reputazione aziendale e del brand. Le aziende che adottano pratiche sostenibili possono attrarre clienti fedeli, attirare talenti migliori e guadagnare la fiducia degli investitori, il che può avere un impatto positivo sul valore aziendale complessivo. Certificazione sostenibilità aziendale e ESG Asssessment Attraverso la documentazione e la certificazione dell’impegno sostenibile delle aziende e la concreta messa in pratica dei criteri Environmental, Social e Governance nelle operazioni aziendali è possibile trasmettere all’esterno un’immagine positiva del marchio, affidabile e trasparente. Tra gli strumenti che un’impresa può adottare per documentare le azioni ESG intraprese c’è la certificazione ESG, o certificazione di sostenibilità aziendale: un percorso che consente di analizzare la situazione di partenza di un’azienda, per sviluppare ed implementare una corretta strategia sostenibile all’interno del modello organizzativo e gestionale. Si tratta di un documento la cui struttura è delineata da agenzie internazionali che ne definiscono obiettivi, contenuti e linee-guida, come il Global Reporting Initiative. Un secondo strumento prezioso anche ai fini della certificazione della sostenibilità aziendale è l’ESG Assessment: un tool caratterizzato da un questionario utile a comprendere la situazione di partenza delle imprese in materia di sostenibilità, che favorisce il confronto dell’esistente con le con il fine di effettuare un confronto rispetto alle politiche ESG messe in pratica dalle best in class dello stesso settore, e permette di individuare gli interventi utili al miglioramento nel tempo del profilo di sostenibilità aziendale. Lo scopo di entrambi i documenti non si esaurisce nel rilascio di certificazioni e documentazioni che attestano l’impegno sostenibile dell’azienda; la ragione che sta alla base dell’Assessment ESG e della certificazione ESG è quella di intraprendere un percorso duraturo, che pone le basi strategiche per infondere una cultura orientata ai criteri ESG lungo tutto il corso di vita dell’impresa. Consulenza sostenibilità aziendale: insieme è più semplice La sostenibilità è un principio che guida e orienta le scelte aziendali ed è qualcosa che riguarda tutte le imprese, di qualsiasi settore o dimensione. Insieme possiamo definire l’approccio sostenibile più consono alla tua azienda, comprendere se i progetti, le partnership e gli interventi avviati sono già espressione di un modello sostenibile, definire i prossimi obiettivi ESG da raggiungere e ancora raccontare agli stakeholder e al tuo pubblico (anche social) perché e in che modo la sostenibilità caratterizza il tuo modello d’impresa.
Obbligazioni verdi o Green Bond cosa sono?
I Green Bond, o obbligazioni verdi, sono strumenti finanziari che hanno come scopo principale quello di promuovere, attraverso l’impiego di risorse finanziarie, la sostenibilità. Si tratta di titoli di debito ideati per sostenere iniziative e progetti che hanno come priorità i fattori Environmental, Social e Governance, ad esempio la produzione di energia da fonti rinnovabili, l’uso razionale e responsabile delle risorse e l’efficienza energetica. Le tipologie di intervento oggetto delle obbligazioni verdi possono variare da settore a settore, come trasporti e logistica, infrastrutture, edilizia, gestione dei rifiuti, ecc. La prima emissione di un’obbligazione verde risale al 2007, ad opera della Banca Europea degli Investimenti. In Italia, il debutto dei Green Bond è avvenuto nel 2014 grazie a Hera, multiutility emiliana, che ha lanciato un’obbligazione decennale da 500 milioni di euro. In questo contenuto approfondiamo il concetto di obbligazione verde, con un focus sul mercato degli investimenti finanziari sostenibili. La regolamentazione europea e nazionale sui Green Bond Per comprendere cosa sono i Green Bond e i soggetti che li emettono, è cruciale esaminare il quadro normativo, specialmente a livello internazionale. L’Associazione Internazionale dei Mercati di Capitali (ICMA) è stata pioniera nell’introduzione dei “Green Bond Principles”, definendo un elenco di interventi finanziabili. Successivamente, l’Unione Europea ha regolamentato il settore con le proprie linee guida, attraverso lo sviluppo di standard autonomi per le obbligazioni verdi nell’UE. Questo processo è stato avviato nel 2018 con il Piano d’azione europeo per il finanziamento della crescita sostenibile, parte integrante del Green Deal europeo. Uno standard che implica la creazione di un elenco di certificatori autorizzati. Solo gli organismi approvati dall’ESMA, l’Autorità di controllo dei mercati finanziari dell’UE, possono fornire una seconda opinione sui progetti finanziati. Questo meccanismo rappresenta una reazione dell’ordinamento europeo al possibile greenwashing sui Green Bond, e dunque una forma di tutela da informazioni false e fuorvianti circa le iniziative sostenibili oggetto delle obbligazioni verdi. Oltre al principio sopra menzionato della cd. seconda opinione, lo standard europeo include altri tre criteri, ovvero: L’allineamento dei fondi raccolti con la normativa sulla tassonomia europea; La piena trasparenza nell’utilizzo delle risorse provenienti dai Green Bond; La valutazione esterna per certificare la conformità rispetto alle regole e ai tassi dei progetti finanziati. In Italia, Borsa Italiana ha avviato diverse iniziative per promuovere l’adozione e la diffusione dei Green Bond. Partecipando all’Iniziativa per le Borse Valori Sostenibili delle Nazioni Unite e aderendo alla Climate Bonds Initiative attraverso London Stock Exchange, Borsa Italiana ha ampiamente dimostrato il suo impegno nel favorire la trasparenza degli emittenti di Green Bond riguardo alle loro scelte ESG, fornendo agli investitori indici e analisi specifiche che potessero garantire trasparenza e veridicità delle informazioni. Strumenti di finanza sostenibile: il mercato dei Green Bond Negli ultimi anni c’è stata una significativa evoluzione nell’emissione dei Green Bond, parallela all’aumento dell’importanza dei fattori ESG e delle questioni legate alla sostenibilità ambientale. Un punto chiave di questa trasformazione è rappresentato dal fatto che, inizialmente, le istituzioni finanziarie internazionali come la Bei o la Banca Mondiale erano le principali emittenti di Green Bond. Con il tempo, però, anche singole aziende e consorzi di imprese hanno iniziato a utilizzare tali strumenti finanziari per supportare la loro transizione ecologica, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo e nelle economie emergenti, al fine di raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile previsti dalle Nazioni Unite contenuti nell’Agenda 2030. In Italia, aziende come Enel, Cdp, Ferrovie dello Stato e Intesa Sanpaolo sono tra le più attive nell’emissione di Green Bond. Un ulteriore segno di questa evoluzione è rappresentato dalla trattativa del più importante Green Bond corporate in Europa, emesso da Enel Finance International e garantito da Enel Spa, con un valore complessivo di 1,25 miliardi di euro e scadenza fissata al 16 settembre 2024. Dal 2007, il mercato dei Green Bond è cresciuto molto, nel 2021 ha superato per la prima volta i 500 miliardi di USD, segnando un aumento del 75% rispetto al 2020. L’Europa si è distinta come la regione con la maggiore emissione di obbligazioni verdi nel 2020, rappresentando il 51% del volume mondiale. I Green Bond rappresentano un’opportunità di investimento senza precedenti, perché costituiscono un incentivo per le imprese ad operare secondo i criteri ESG. Inoltre, la tutela sulla veridicità delle informazioni garantita dalla normativa europea sugli organismi di certificazione rendono i Green Bond uno strumento protetto dal rischio di greenwashing. L’impegno sostenibile comincia dalla tua impresa Valorizzare le scelte aziendali sostenibili incentrate sui criteri Environmental, Social e Governance significa guardare ad un modo di fare impresa innovativo ed orientato alle tendenze future. Investire sulla sostenibilità non solo rappresenta una garanzia di responsabilità sociale, ma è una scelta strategica di successo per i brand che desiderano ottenere un vantaggio competitivo sul mercato, compreso il mercato dei capitali e degli investimenti ESG. È per questa ragione che ogni giorno scegliamo di supportare le aziende interessate ad adottare un modello d’impresa sostenibile, attraverso consulenze, soluzioni e progetti di comunicazione atti a valorizzare l’impegno profuso per migliorare il proprio profilo ESG e al contempo contribuire al benessere delle persone e del Pianeta. Rivoluziona il tuo modo di fare impresa con noi.
Il piano Transizione 5.0 e il supporto alle imprese sostenibili
Il piano Transizione 5.0, previsto dal decreto legge PNRR, è stato finalmente introdotto con l’approvazione del Consiglio dei Ministri il 26 febbraio 2024 e ufficializzato il 2 marzo con la sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 52. Oltre alla necessaria conferma parlamentare entro il periodo standard di 60 giorni, si attendono due ulteriori decreti attuativi per garantire la piena attuazione, con particolare riferimento al primo decreto che dovrebbe essere emesso entro 30 giorni, ossia entro il primo aprile. Il piano di Transizione 5.0 rappresenta una fase evolutiva cruciale, già iniziata con il piano Transizione 4.0 finanziato nell’ambito della Missione 1 – Componente 2 “Digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo” del PNRR; un momento caratterizzato dalla convergenza di innovazioni tecnologiche, cambiamenti ambientali e trasformazioni sociali. In questo articolo approfondiremo l’evoluzione e le novità introdotte dal piano di Transizione 5.0. Decreto transizione 5.0: le novità del piano per la transizione green e digitale Prima dello sviluppo del piano più recente, erano già previste delle forme di sostegno nazionale alle imprese contenute nel Piano Nazionale Industria 4.0, la base giuridica delle agevolazioni contenute nel piano di Transizione 5.0. Il Piano Nazionale Industria 4.0 (o Transizione 4.0) è stato finanziato con l’obiettivo di sostenere la trasformazione digitale delle imprese incentivando gli investimenti privati in beni e attività a sostegno della digitalizzazione attraverso il riconoscimento di un credito d’imposta per l’acquisto di: acquisto di beni materiali; acquisto di beni immateriali 4.0 (es. software avanzati); acquisto di beni immateriali tradizionali (es. software di base); attività di formazione 4.0. Nel piano di Transizione 5.0 alle aziende verrà concesso un credito d’imposta automatico, senza alcuna valutazione preliminare, senza discriminazioni legate alle dimensioni dell’impresa, al settore di attività o alla sua localizzazione. Nello specifico, Il Piano prevede un ammontare di risorse pari a 6,3 miliardi di euro destinate alle imprese italiane impegnate in progetti di transizione digitale e sostenibile. Un supporto considerevole che si aggiunge ai 6,4 miliardi previsti dalla legge di bilancio per un totale di 13 miliardi di euro da distribuire nel biennio 2024-2025. Transizione 5.0: gli investimenti ammessi e le agevolazioni concesse Le agevolazioni del piano di Transizione 5.0 sono riconosciute alle imprese italiane che affrontano i seguenti investimenti: acquisto di beni materiali e immateriali essenziali per l’attività aziendale, inclusi negli allegati A e B della legge 11 dicembre 2016, n. 232, purché siano integrati nel sistema aziendale e portino globalmente a una riduzione dei consumi energetici: del 3% per la struttura produttiva oggetto del progetto di innovazione o, in alternativa, del 5% per i processi interessati dall’investimento; investimenti in nuovi beni materiali volti alla produzione autonoma di energia tramite fonti rinnovabili destinate al consumo interno, ad eccezione delle biomasse, inclusi i dispositivi per l’accumulo dell’energia generata; spese per la formazione del personale, fornita da entità esterne, fino al 10% dell’investimento effettuato e fino a un massimo di 300.000,00 euro. La diminuzione dei consumi energetici deve essere certificata tramite una valutazione (ex ante) che identifichi i risparmi energetici ottenibili attraverso gli investimenti previsti e una valutazione (ex post) che dimostri l’effettiva realizzazione degli investimenti in linea con la valutazione iniziale. Le certificazioni devono essere rilasciate da Organismi di valutazione indipendenti, come gli Esperti in Gestione dell’Energia (EGE) e le Energy Service Company (ESCo), purché certificate da organismi accreditati. Per quanto riguarda i pannelli solari (per la produzione autonoma di energia di cui sopra), sono accettati solo quelli fabbricati in Europa secondo quanto specificato nell’articolo 12, comma 1, lettere a, b e c del Decreto Legge n. 181. A fronte di tali investimenti le imprese possono richiedere l’agevolazione prevista dal piano di Transizione 5.0, ossia un credito d’imposta che varia in base all’importo dell’investimento e alla percentuale di risparmio energetico ottenuta. Le aliquote sono le seguenti: 35% del costo per gli investimenti fino a 2,5 milioni di euro; 15% del costo per gli investimenti oltre i 2,5 milioni di euro e fino a 10 milioni di euro; 5% del costo per gli investimenti oltre i 10 milioni di euro, fino al massimo di 50 milioni di euro di costi ammissibili per anno per impresa beneficiaria. Queste aliquote aumentano rispettivamente al: 40%, 20% e 10% se vi è una riduzione dei consumi energetici della struttura produttiva superiore al 6% o una riduzione dei consumi energetici dei processi superiore al 10%; 45%, 25% e 15% se vi è una riduzione dei consumi energetici della struttura produttiva superiore al 10% o una riduzione dei consumi energetici dei processi interessati dall’investimento superiore al 15%. Il credito d’imposta può essere utilizzato solo in compensazione, attraverso il modello F24, da avviare entro il 31 dicembre 2025 e, comunque, dal quinto giorno successivo alla comunicazione del provvedimento di concessione. Migliora le performance energetiche della tua azienda e riduci i consumi Il piano Transizione 5.0 rappresenta un’occasione per le imprese che intendono avviare un percorso finalizzato alla transizione green e digitale. L’opportunità per definire una strategia che permetta di avere una maggiore consapevolezza circa i propri consumi energetici, le potenzialità di ottimizzazione (in ottica di costi e di risparmio di risorse) e l’impatto ambientale imputabile alla propria organizzazione. Approfitta delle competenze dei nostri esperti EGE, delle soluzioni per l’efficientamento energetico e il monitoraggio dei dati industriali per entrare in possesso del credito d’imposta transizione 5.0. Lavoriamo insieme alla transizione green e digitale della tua impresa.
Il Greenwashing come principale rischio per la reputazione aziendale
La sostenibilità aziendale, insieme alle pratiche inerenti alla Responsabilità sociale d’impresa e alle questioni ESG in senso ampio, è oggetto di numerosi dibattiti e rappresenta argomenti prioritari all’interno di discussioni economiche, politiche e sociali. Poiché l’adozione di pratiche sostenibili può offrire vantaggi competitivi, diventa sempre più cruciale integrare la responsabilità sociale e la sostenibilità ambientale, dimostrandone l’applicazione lungo l’intera catena di approvvigionamento. L’integrazione dei fattori Environmental, Social e Governance nelle operazioni aziendali parte da un elemento essenziale: la scelta della strategia comunicativa da adottare. Scegliere una comunicazione ESG sbagliata, falsata o ingannevole integra la condotta di greenwashing: comportamento che rischia di danneggiare la reputazione aziendale di un brand, la sua affidabilità e la serietà agli occhi di investitori, fornitori e consumatori finali. In questo articolo approfondiamo i motivi per cui il greenwashing rientra a pieno titolo nei rischi d’impresa. Il greenwashing lungo l’intera catena di approvvigionamento Integrare i fattori ESG nelle attività aziendali implica l’adozione di un approccio orientato alla sostenibilità che si estende a tutti gli ambiti d’impresa; ciò si traduce in pratiche relative non solo al proprio ambito operativo, ma inerenti all’intera catena di approvvigionamento. Per quanto sia ormai diffusa l’opinione di molti imprenditori circa l’importanza di promuovere la sostenibilità, spesso i principi ESG e le azioni sostenibili non vengono effettivamente integrati in tutta la catena di fornitura, creando una discrepanza tra le intenzioni strategiche evidenziate e le azioni reali. Questo problema è evidente soprattutto nel comportamento delle aziende subfornitrici, spesso situate in paesi in via di sviluppo, che producono beni per conto di grandi multinazionali. È proprio lungo la catena di fornitura che il fenomeno del greenwashing trova uno dei suoi terreni più fertili, così come dimostrato da casi studio del passato piuttosto eclatanti sull’argomento. Un esempio emblematico è rappresentato dal caso Neste, la compagnia petrolifera finlandese leader nel settore della produzione di biocarburanti sostenibili, i cui fornitori di olio di palma, sulla base dei dati dello studio condotto da Friends of the Hearth, hanno abbattuto 10.000 ettari di foresta tra il 2019 e il 2020. Praticare greenwashing rappresenta un rischio d’impresa a tutti gli effetti Il principale pericolo per un’azienda che pratica greenwashing consiste nella diminuzione della fiducia dei consumatori. I consumatori tendono sempre a preferire aziende che dichiarano un impegno sostenibile concretamente supportato da azioni concrete. Un consumatore ingannato difficilmente riacquisterà fiducia nell’azienda, e il danno subito sarà maggiore del vantaggio che l’azienda avrebbe ottenuto se non fosse stata scoperta. Le false dichiarazioni di sostenibilità o di impegni ambientali rappresentano un forte disincentivo all’acquisto di un brand. Nel settore finanziario, l’ESMA (Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati) ha evidenziato che il greenwashing danneggia gli investitori che desiderano investire in attività economiche sostenibili; la comunicazione di profili di sostenibilità non veritieri potrebbe essere ingannevole e scorretta, configurandosi come una pratica fuorviante nella vendita o nell’attribuzione dei prezzi. Così come per la catena di approvvigionamento, il greenwashing può riguardare anche diverse fasi della catena di valore di un investimento, ad esempio può essere relativo alla fase di collocamento di un prodotto finanziario: Perché le dichiarazioni degli emittenti trasmettono un quadro non veritiero dei fattori ESG alla base del prodotto; Perché la qualità e la quantità di dati non sono certificabili o sufficienti per consentire una corretta analisi delle aziende su cui investire da un punto di vista sostenibile. I rischi per le aziende che praticano greenwashing e per gli operatori finanziari che le supportano possono essere suddivisi principalmente in tre categorie: rischio reputazionale, per i danni all’immagine aziendale e alla reputazione agli occhi di investitori, fornitori e consumatori; rischio legale, legato alle sanzioni previste dalla normativa sulle politiche di sostenibilità; rischio finanziario, come conseguenza di spese legali, sanzioni ricevute e perdita di quote di mercato. Il greenwashing costituisce un rischio concreto per la credibilità del mercato nel suo complesso e per la fiducia dei partecipanti, inclusi aziende, investitori e consumatori. In un’epoca in cui c’è un forte interesse per la sostenibilità, il greenwashing alimenta lo scetticismo riguardo a qualsiasi dichiarazione sugli aspetti ESG. Prevenire il greenwashing con una strategia di comunicazione ESG Comunicare la sostenibilità in maniera adeguata e adottare la giusta strategia per trasmettere l’impegno ESG all’esterno rappresentano dei punti chiave per le imprese che intendono prevenire i rischi derivanti dal Greenwashing. Affidarsi al supporto di professionisti esperti rappresenta la chiave di successo della comunicazione ESG. Elabora la tua strategia di comunicazione ESG con noi, Costruiamo insieme un paradigma d’impresa sostenibile ed orientato al futuro.
Gli standard ESRS e la rendicontazione di sostenibilità: le linee guida dell’EFRAG
La Corporate Sustainability Reporting Directive (direttiva CSRD), entrata in vigore quest’anno, disciplina gli obblighi di report e rendicontazione non finanziaria delle imprese di grandi e medie dimensioni. Un provvedimento che ha suscitato l’interesse di molte aziende, anche non obbligate, verso la rendicontazione della sostenibilità aziendale. L’emanazione della direttiva CSRD è avvenuta con il supporto dei regolamenti delegati contenenti gli standard europei utili alla rendicontazione della sostenibilità aziendale, ovvero gli standard ESRS ai quali devono rifarsi tutte le imprese interessate dalla direttiva; Gli standard ESRS sono stati pubblicati e delineati dalla Commissione europea e dall’European Financial Reporting Advisory Group (EFRAG) in veste di Organo di consulenza tecnica, con l’obiettivo di creare armonizzazione normativa tra i diversi standard internazionali applicabili agli strumenti di reporting sostenibile, come quelli redatti dal Global Reporting Initiative. Gli standard ESRS, composti da 12 dei principali criteri ESG, coprono una vasta gamma di temi: i primi due standard sono applicabili in generale a tutti gli aspetti trattati dalla direttiva CSRD, mentre i restanti riguardano aree d’impresa specifiche. L’EFRAG è tenuto, è tenuto ad aggiornare periodicamente le sue linee-guida, in quanto Organo responsabile della diffusione degli standard nella prassi aziendale di reporting sostenibile. In questo articolo approfondiremo la prima delle guide fornite dall’EFRAG sugli standard ESRS. Il dettaglio sull’Implementation guidance dell’EFRAG La nuova normativa sulla rendicontazione della sostenibilità sarà implementata gradualmente in base alla struttura e alle dimensioni delle aziende coinvolte: le imprese di interesse pubblico, che già redigono una dichiarazione non finanziaria, inizieranno ad applicare le nuove disposizioni a partire dal 2024 (con il primo report nel 2025); le altre grandi imprese inizieranno dal 2025 (con il primo report nel 2026); le PMI quotate inizieranno dal 2026 (con il primo report nel 2027, con la possibilità di posticipare di altri due anni). Per supportare le aziende nell’adozione di questi nuovi standard, l’EFRAG ha sviluppato delle Linee Guida per l’implementazione, che sono state messe in consultazione alla fine di dicembre e che riguardano: Linee Guida preliminari dell’EFRAG 1, sull’implementazione dell’assessment della doppia materialità, contenenti gli obblighi di rendicontazione sulla valutazione di materialità, compresa l’illustrazione delle possibili fasi del processo per individuare le informazioni da riportare in merito agli impatti, rischi e opportunità (IRO) della propria attività in materia ambientale, sociale e di governance; Linee Guida preliminari dell’EFRAG 2, sull’implementazione della catena del valore, contenenti gli obblighi di rendicontazione relativi alla catena del valore, offrendo indicazioni su come identificare i soggetti coinvolti e considerare gli impatti, rischi e opportunità sull’attività aziendale; Linee Guida preliminari dell’EFRAG 3, contenenti l’elenco completo dei requisiti contenuti in ciascun obbligo di informativa e dei relativi requisiti applicativi in formato Excel. Le linee guida dell’EFRAG sugli standard ESRS rappresentano una forma di supporto alle aziende interessate dagli obblighi informativi definiti dalla direttiva CSRD, una modalità attraverso cui le istituzioni europee intendono promuovere il concetto di trasparenza nelle dinamiche d’impresa. La piattaforma EFRAG per l’implementazione degli ESRS Recentemente l’EFRAG ha reso disponibile la prima serie di chiarimenti tecnici per supportare le aziende nella comprensione degli European Sustainability Reporting Standards (ESRS), attraverso la piattaforma EFRAG ESRS Q&A. Le risposte fornite all’interno della piattaforma sono divise in due categorie principali: Implementation Guidance, che è stata sottoposta a consultazione pubblica prima della sua finalizzazione; Explanations, che fornisce chiarimenti su argomenti già trattati negli ESRS. Le spiegazioni pubblicate sono organizzate in capitoli in base alla loro natura, inclusi aspetti trasversali, ambientali, sociali e di governance. Al 31 gennaio 2024, su 258 domande ricevute, 127 hanno portato alla pubblicazione di una spiegazione o di una guida all’implementazione, mentre le altre sono ancora in fase di valutazione. La maggior parte delle domande riguardava gli standard trasversali, seguiti da quelli ambientali e sulla sostenibilità sociale. EFRAG ha annunciato che seguiranno ulteriori spiegazioni, organizzate in capitoli basati sulla loro natura (ambientale, sociale, governance e trasversale), e verranno pubblicate trimestralmente per garantire l’accessibilità e la chiarezza. Un’iniziativa che dimostra l’impegno continuo verso l’elaborazione di un quadro di riferimento chiaro e comprensibile per tutti gli attori coinvolti. Tecno e reporting sostenibile: per un’impresa trasparente e socialmente responsabile In un’epoca in cui la sostenibilità assume un ruolo centrale nel modo di fare impresa, l’EFRAG ha fatto un passo significativo verso la trasparenza e l’armonizzazione degli standard applicabili alla rendicontazione della sostenibilità aziendale, fornendo le prime spiegazioni tecniche sugli ESRS. Redigere un Report di Sostenibilità o un Bilancio di Sostenibilità non è soltanto un obbligo definito dalle istituzioni europee, ma un impegno concreto per l’applicazione dei principi ESG all’interno delle dinamiche aziendali quotidiane. La diffusione di questi documenti, inoltre, è idonea a trasmettere affidabilità e serietà agli occhi di stakeholder e consumatori finali. Affidati a noi per redigere il tuo Bilancio o Report di Sostenibilità; costruiamo insieme il tuo percorso verso un nuovo paradigma d’impresa.
Medaglia Bronze EcoVadis: Tecno ESG tra le imprese con modelli di gestione sostenibili
Abbiamo ottenuto anche quest’anno la medaglia di bronzo EcoVadis, il programma che premia le aziende con un sistema di gestione solido ed improntato alla sostenibilità. Un indicatore di intenti positivi, che premia le performance sostenibili delle aziende dal punto di vista ambientale, etico, delle pratiche lavorative, del rispetto dei diritti umani e degli acquisti sostenibili. I modelli di gestione aziendale sostenibili rappresentano un approccio innovativo e imperativo per le imprese moderne; un paradigma che non solo mira a massimizzare i profitti a breve termine, ma è utile a creare valore a lungo termine per tutte le parti interessate, inclusi dipendenti, clienti, fornitori, comunità locali e ambiente. Che significato hanno i rating EcoVadis? EcoVadis offre alle aziende un servizio di valutazione di sostenibilità per valutare l’impatto della propria attività in termini ESG, basandosi su dati concreti. Il punteggio EcoVadis, che varia da 0 a 100, riflette la qualità del sistema di gestione della sostenibilità di un’azienda al momento della valutazione. Le medaglie EcoVadis vengono assegnate alle realtà che soddisfano determinati criteri di sostenibilità e che hanno completato con successo il processo di valutazione, premiando le migliori performance nel panorama aziendale. Nello specifico, le medaglie sono così suddivise: Platinum (Platino): miglior 1% delle aziende valutate; Gold (Oro): miglior 5% delle aziende valutate; Silver (Argento): miglior 15% delle aziende valutate; Bronze (Bronzo): miglior 35% delle aziende valutate; Il modello di gestione aziendale sostenibile promosso da EcoVadis aiuta le aziende a mitigare i rischi operativi e finanziari associati alla dipendenza da risorse non rinnovabili, e a gestire in modo responsabile le risorse naturali. Integrando considerazioni ambientali, sociali e di governance nelle proprie operazioni, le aziende possono ridurre gli impatti negativi sul pianeta e sulla società, minimizzando potenziali rischi legali, sanzioni e danni alla reputazione. Dal modello di gestione aziendale alle persone: un percorso che ci rende orgogliosi La sostenibilità incoraggia l’innovazione, spingendo le imprese a cercare soluzioni creative e tecnologiche per affrontare le sfide ambientali e sociali, creando così nuove opportunità di business e soddisfacendo le esigenze emergenti dei consumatori consapevoli. In Tecno ESG l’adozione e la promozione dei criteri ambientali, sociali e di governance nelle strategie aziendali rappresentano un valore che guida l’intera organizzazione, da sempre orientata alle tre P della sostenibilità: People- Profit-Planet. Riconosciamo il valore dei modelli d’impresa sostenibili, improntati alla misurazione e riduzione degli impatti ambientali, al rispetto del territorio e delle persone, focalizzati sulla crescita aziendale e sulla distribuzione del valore tra gli stakeholder. É grazie a questa consapevolezza, alla lungimiranza della proprietà, alle competenze dei nostri professionisti che siamo riusciti ad ottenere questo importante riconoscimento. Un traguardo nuovo che apre scenari futuri orientati al miglioramento costante delle nostre performance di sostenibilità, per continuare a contribuire al raggiungimento degli obiettivi SDG’s individuati. Per continuare a crescere e creare valore insieme.